Era parecchio tempo che non passavo da qui, da questo angolo Monopolitano fatto di scogli, cemento, ferro, mare e sentimenti.
L’aria è di un freddo pungente, quel tanto che basta a farti desiderare l’abbraccio di qualcuno, ma non abbastanza da farti rimpiangere il tepore di un camino.
Il mare è calmo e scuro come il cielo che in esso si riflette, confluendo all’orizzonte come fossero un’unica immensa distesa. Manca solo la luna a completare quello che in altre situazioni avrei definito un panorama romantico.
A parte me e un gatto piuttosto schivo, non c’è nessun altro nei paraggi. Il nero del mare sfuma via via verso il grigio di roccia e cemento dove poggiano i miei piedi, grigiore reso ancora più freddo dalle luci artificiali. Il colore caldo delle mura del paese vecchio è distante, separato da una scura insenatura, la stessa caletta dove tante volte mi sono bagnato, gelandomi i piedi per salire o scendere dalla barca, quando ancora vogavo.
Un vuoto, una mancanza imperdonabile che stona con i miei ricordi: il ponticello diroccato di pietra e legno che si allungava verso il mare non esiste più, quasi come se non ci fosse mai stato. Probabilmente era troppo pericoloso, sicuramente inutile, di fatto rendeva questo luogo un po’ più interessante e, per chi aveva il coraggio di scavalcare le recinzioni in ferro che delimitano il marciapiede, in alcune occasioni anche intimo.
Questo luogo mi ha visto passeggiare, correre, mangiare, chiacchierare, baciare... eppure ora lo sento estraneo, quasi ostile. Sui muri centinaia di scritte più o meno sbiadite, ognuna con qualcosa da raccontare e tra queste, da qualche parte, quella di un ragazzo che non esiste più, dedicata a una ragazza che forse non è mai esistita.
Leo
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